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Nel dedicare la quarta edizione del Festival ai 100 anni dalla morte di Antonín Dvorák, in un anno pur ricco di altri importanti anniversari musicali (A. Longo, G. Petrassi, L. Dallapiccola, J. Strauss, L. Janácek), l’Associazione Igor Stravinsky ha compiuto una scelta programmatica che va ben al di là della fortuita circostanza di un centenario: inserire come concreto movente della missione culturale di un cartellone musicale alcune delle pagine musicali del compositore céco, e dedicargli il Volume biografico del Festival 2004, ci è sembrato più un obbligo nei confronti del compositore “trascurato”, che un mero evento celebrativo.
L’originalità e l’autentica identità dell’autore boemo sta, innanzitutto in quella abilità di orchestratore imparata grazie all’intensa attività di professore d’orchestra svolta durante i primi difficili anni della carriera, oltre a quella irresistibile carica danzante tipica della musica cameristica ed alla sensibilità contrappuntistica tipica dei lavori sinfonico-corali, influenzata dalla prima formazione organistica. Dvorák non fu affatto un sottoprodotto folklorico del Classicismo tedesco di fine Ottocento: il radicato sentimento “popolare” mai tradito, che invero si coglie nella maggior parte della sua musica, lo ha inconsapevolmente reso un musicista originale, un umile nell’epoca dell’esaltazione wagneriana, un artista sereno negli anni del decadentismo. L’atmosfera bucolica, insieme alla forza espressiva ed al tono quasi leggendario della sua musica sono il frutto di un cuore schietto, di un uomo fiducioso nella vita e nelle bellezze della natura: un messaggio musicale che dovremmo cercare di non sottovalutare!
Nadia Testa